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I VINCITORI

Le poesie vincitrici dell'edizione 2024 del Premio Nazionale di Poesia "P. Borgognoni" sono:

 

Prima classificata

Dissolvenza · Giuseppe Pezzino

Seconda classificata

Certe guerre · Elisabetta Liberatore

Terza classificata

A fiati lenti · Tiziana Gabrielli

 

Poesie segnalate

Natalia · Leonardo Rindi

Ti chiedevi che cosa fosse quel taglio · Valerio Mello

Sedimenti · Maria Felicetti

Menzione speciale

Il trionfo del silenzio · Anna Chiara Biondi

III · Dissolvenza

 

Se ne andò,

e non ci fu più alcun luogo,

in cui avrebbero potuto

vederlo e parlargli.

Le notti e i giorni

si avvicendarono come prima,

ma non ci fu più alcun momento in essi,

in cui avrebbero potuto incontrarlo.

Dal vecchio piano in palissandro,

prossimo alla vetrata sul giardino,

non più onde improvvise

in echi morbidi e intensi

si sarebbero levate,

per risvegliare la casa dal silenzio.

Ed egli restò così come memoria

all'interno delle loro coscienze,

restò come memoria vivida

in un radioso silenzio,

mentre lentamente la realtà che li circondava

si andava sempre più scolorendo e sgretolando.

Ma quando non si videro più nulla attorno

e non si sentirono più nulla dentro,

anche loro se ne andarono

e le ultime fioche luci si spensero,

senza che nessuno se ne accorgesse.

E tutto fu, e nient'altro

poté più essere.

Giuseppe Pezzino (Palermo)

Certe guerre (*)

 

L'inganno consueto recita

la sua dissennata prece

e tu indossi il solito volto

che recita un altro giorno d'asfalto,

l'assalto sui raccordi,

un altro giorno d'acrobata

per te che sei nudo

senza saperlo.

Poi un giorno accade

la lotteria dei fantasmi,

il lavoro crolla sui corpi,

l'attimo nero di un allarme,

un volo di farfalle

di pezza senza colore,

ogni cosa avviene

alla velocità dei deserti

e mancano gli attimi del congedo.

Una regia di coscienze annerite

dichiara, afferma, spiega, giura

su ognuna di quelle croci.

Certe guerre scorrono rasoterra

tra le sillabe che respiri.

(*) dedicata a tutti i morti sul lavoro

Elisabetta Liberatore (Pratola Peligna, AQ)

A fiati lenti

 

A fiati lenti

e densa luce

 

mi attraversi la carne

e mi fai corto il respiro

la tua voce è ancora

carezza di madre

e unghia che segna

la creta del cuore

Tiziana Gabrielli (Chieti)

Natalia

 

Svuotare il cuscino della sua inconfessabile mancanza.

Disapparire                                        o lasciare che sia,

               ruotare intorno al proprio asse

in uno scambio d'intersezioni e foschia

e lavare col salmastro ecchimosi di futuro interposto.

Cosa sono oltre l'altura delle nuove emozioni?

Cosa sono diventato dietro di me,

al trasparire dell'ultima strada?

E tu

come potevi indovinare la chimica esatta delle mie astruse follie?

Cadeva la neve su febbri di un tenue trascorso,

gonfiava nel petto il respiro profondo di un pianto

e avveniva/sgorgava/nasceva

da te

        /sorriso lucente

        che mura inviolabili

        d'incanto oltrepassa/

l'esatta proposta di un nuovo sospiro.

Leggero e fugace fu il tocco dell'ombra,

opaca e raminga visione

di lenta disfatta nel segno del sole.

Sarei voluto restare per ore a pensarti

seduto sul bordo sicuro della tua accoglienza

ma il cielo sospinge

                    in moto d'eterno cammino

fino alla cima perfetta dell'ultimo giorno.

È tempo,                          Natalia.

Riportami a casa.

Leonardo Rindi (Quarrata, PT)

Ti chiedevi che cosa fosse quel taglio

 

Ti chiedevi che cosa fosse quel taglio

d'ombra sulla corteccia d'un albero storto

e se la ghiaia fosse la ghiaia dei tuoi passi

– senza andare né avanti né indietro, ma procedere

in un senso nuovo che sprofonda

in un laggiù non troppo lontano.

Passeggiare e passeggiare

tra le tombe,

qualcosa è come un'alba,

nuovo riferimento,

il corpo che frana

nell'anfora

e si frantuma,

una flotta di semi nel vento,

il pianto di Ecuba,

madre straziata,

il lutto soffiato sulle pire

che si fanno più grandi,

più larghe,

si espandono in un sogno velato,

c'è uno specchio che trancia

vetri sulla punta della luce.

I rami alimentano il fuoco sulla spiaggia,

l'anima rimira sé stessa e vola via.

Qualcosa è come un'alba,

la cosa vicina

ai tramiti innumerevoli,

l'inizio riparato.

Valerio Mello (Pogliano Milanese, MI)

Sedimenti

 

Dai campi arati risale alle nari

un acre odore di legna bruciata.

Un tremito di primavera

percorre i rami ingessati,

le zolle silenziose,

i piccoli semi di luce

che bucheranno,

ostinatamente bucheranno

e sveglieranno la terra.

L'orologio delle stagioni

batte l'attesa del canto,

ma il mio tempo riposa,

fermo all'inverno di te.

La terra dei ricordi

profuma ancora dei tuoi sorrisi

e serba i semi del giorno

che eravamo, i nostri nomi

agglomerati,

indivisibili,

e ne fa sedimenti sulla pelle.

Nell'incrollabile sera

la tua voce soffia

dentro un presente

che non sa più dirsi.

Maria Felicetti (Buccinasco, MI)

Il trionfo del silenzio

 

Ho preso per mano il

caos, l'ho condotto per la via

mostrandogli quell'ordine

che riveste la ragione.

Sovente quel contrasto

è narrato nel silenzio:

un nulla di pensiero

che nel caos

trova la quiete.

Spesso questo accordo

è celato nella voce:

un tutto di pensante

che nella mente

trova il vago.

Ho lasciato andare il

caos, non l'ho più

stretto per la via,

entrambi in terra giacciono,

spogliata è la ragione.

Domina ora il nulla,

padrone inconsapevole,

mi prende per mano

e dolcemente naufraga

l'inquieta anima mia.

Anna Maria Biondi (Massa e Cozzile, PT)

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